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1 Settembre 2007

Il Bosco Incantato Le favole del bosco incantato
di Riccardo Misto

Esiste un punto in cui l’armonia musicale e quella spirituale coincidono…(Pitagora)

…Quel punto si trova nel Bosco Incantato(Anonimo del XXI° Sec.)


Indice

I) SETTE SONORE NOTE

II) INCONTRO CON LE VOCALI

III) I PERCUSSIONISTI DEL BOSCO INCANTATO

IV) I GRANDI GIOCHI DEL BOSCO INCANTATO

V) IL SUONO DEL SILENZIO

VI) IL GIARDINIERE DEGLI UOMINI

VII) IL MUSICISTA SUPREMO




I - SETTE SONORE NOTE

Sette sonore note, da tempo immemorabile al servizio di sua Maestà “La Musica”, concertarono un bel giorno di andarsene dalla Villa dove vivevano insieme armonicamente, per avventurarsi nel Grande Bosco Incantato, luogo misterioso e magico di cui avevano sentito parlare da un anziano viaggiatore di passaggio.

-- Ce ne andremo di notte -- disse Dominus, il più esperto dei toni -- mentre tutti dormono profondamente: io e Regina Coeli, la mia fedele consorte, vi guideremo fino a raggiungere il Bosco, e lì scopriremo finalmente cosa si nasconde. Che ne pensate?

-- Sai che puoi contare su di me, Dominus, ti seguirò ovunque, su qualsiasi ottava vorrai intonarti -- rispose convinta Regina.

-- Il pianeta va esplorato a fondo, per il bene dell’umanità -- sentenziò prontamente Microcosmus, il portavoce della terra e di tutti gli esseri umani.

-- Se così è stato deciso dal destino, così sarà -- rispose saggiamente Fatus, notoriamente la più fatalista delle note.

-- Sarà un’avventura affascinante e luminosa -- profetizzò Solaris con grande entusiasmo.

-- Sono tutta eccitata all’idea -- proferì Lactea con voce particolarmente vibrante e melodiosa.

-- Sì, sì… Sono d’accordo anch’io -- concluse Siderea con una certa altisonanza.

-- E noi ??? -- chiesero in coro i piccoli cinque semitoni, con fare alterato e implorante.

Dopo aver riflettuto per il tempo di una croma, Dominus decise che anche loro avrebbero fatto parte della spedizione. E così i Diesis e i Bemolle, nelle loro abituali vesti nere, si unirono alla compagnia. Erano quindi dodici in tutto, come le ore del giorno e i mesi dell’anno, ognuna con il proprio carattere ben temperato e una precisa frequenza, ma tutte perfettamente accordate e decise a partire alla scoperta del Bosco Incantato.

-- Per non farci riconoscere -- suggerì Dominus alla fine della riunione -- ci travestiremo da persone comuni. Nessuno deve sapere chi siamo veramente.

Così fecero, e la notte successiva, mentre ancora risuonavano nell’aria i dodici rintocchi della mezzanotte, le note si calarono con una corda d’argento giù dalla torre della Villa, e in perfetta fila indiana si incamminarono lungo sentieri mai esplorati prima……

…Nella notte tiepida e tranquilla di un’estate ormai alle porte, si odono i passi felpati e ritmici delle dodici note, in cammino verso l’oscuro e inesplorato Bosco Incantato. A far loro compagnia, i mille suoni della natura: il vento che sussurra messaggi indecifrabili fra i canneti, le rane in gracidanti conversazioni notturne; uccelli variopinti che intonano melodiose serenate fra le fronde dei rami di alberi secolari, ai cui piedi spuntano incredibili funghi, piante e fiori sconosciuti; dolci corsi d’acqua, che rallegrano la camminata con il loro flusso tranquillo e riposante. E, naturalmente, l’inconfondibile e ammaliante suono del Folletto del Bosco che, con il suo penetrante canto flautato, fa strada alle note: affascinate e turbate al tempo stesso, Dominus, Regina e tutte le altre, sono rapite dalla magia di quella melodia tanto strana eppur familiare: e così, cammina cammina, seguendo incantati l’eterea musica del Folletto, giungono ai piedi di un’enorme e possente quercia. Le note decidono di approfittarne per riposarsi un po’ e si siedono in cerchio attorno al tronco. Ma ecco che, all’improvviso, il vento comincia a soffiare sempre più forte, scuotendo senza pietà i grossi rami della quercia, le cui strane foglie intonano un crescente e sonoro tintinnio. In lontananza, giunge alle loro orecchie un sordo e cupo boato che, crescendo gradualmente di volume, ben presto fa tremare letteralmente la terra sotto i piedi.

-- Cosa sta mai succedendo? -- grida frastornata e stupefatta Regina, con le vesti e i lunghi capelli mossi dalla furia del vento. Uno scroscio d’acqua si riversa ora sulle povere note, una tremenda tempesta con grandine, fulmini accecanti e tuoni spaventosi infuria in tutto il Bosco, gettando scompiglio fra la compagnia.

Ma, nonostante tutto ciò, le note riescono a trasformare quel trambusto in una danza magica, al ritmo e con la forza della musica della natura. Guidate dalla sapiente regia di Regina, si producono in sorprendenti volteggi, capriole e passi di danza. Con gran stupore e apprezzamento del Folletto del Bosco….

-- Non s’era mai vista e udita una cosa simile -- commenta Lactea alla fine della tempesta.

-- E’ stato bello, comunque, danzare con questa musica davvero insolita -- aggiungono tutti sudati i cinque semitoni.

-- Dobbiamo ringraziare il Folletto, ci ha ispirati in modo esemplare -- suggerisce Dominus, invitando poi tutte le note a riprendere il cammino attraverso i sentieri del Bosco.

Nuove e sorprendenti avventure aspettano le dodici note, negli angoli più nascosti del Bosco Incantato. Cosa incontreranno ancora lungo il tragitto? Che altre bizzarre sorprese riserverà loro il Folletto?…




II - INCONTRO CON LE VOCALI

Superata la fatica e la forte emozione della danza, le note ripresero il loro avventuroso cammino lungo i sentieri del Bosco Incantato.

Ad un certo punto, in lontananza, apparve loro la sagoma di un gruppetto di strane figure, mai viste prima di allora: non si riusciva bene a capire di cosa si trattasse, ma certamente doveva essere qualcosa di davvero insolito, visto il posto in cui si trovavano. Le dodici note avanzavano decise nel loro cammino, spinte dalla curiosità di scoprire chi erano e cosa ci facevano lì.

-- Stiamo attenti -- suggerì prudentemente Fatus, insospettito dalle strane sembianze che cominciavano a delinearsi meglio ai loro occhi man mano che si avvicinavano.

-- Sembrano inoffensive -- incoraggiò tutti Lactea, fiduciosa e ottimista come sempre.

Ora che le note si trovavano a pochi metri di distanza, era chiaro a tutte che stavano di fronte a delle persone in carne ed ossa, cinque per l’esattezza, di diversa statura e peso: anche il colore della pelle differiva, così come il genere. C’erano due maschi, piuttosto corpulenti, due femmine abbastanza simili fra loro, e una terza persona non ben identificabile, molto alta e magra.

-- Buongiorno! Noi siamo le dodici note, siamo al servizio di Sua Maestà “La Musica” e stiamo esplorando le meraviglie del Bosco Incantato: voi, chi siete? -- Domandò cortesemente Dominus con un filo di esitazione nella voce.

-- Buongiorno a voi tutte, dodici note, noi siamo le Vocali -- risposero all’unisono tutte e cinque: viviamo qui da sempre e siamo al servizio di ogni essere umano, che ci usa per comunicare con la voce, parlando e cantando. Ma dove sono le altre dieci vostre compagne?

-- Quali altre dieci? Lo sanno tutti che le note sono dodici! -- sbottò in risposta Regina, sorpresa e indispettita da quello che aveva sentito.

-- Mi spiace contraddirla, gentile -- replicò per tutte la più alta delle vocali -- ma devo farle notare che in un Paese chiamato India esistono ventidue toni, detti Shrutis: quando volete ve li presento con gran piacere!

-- Questa poi!…Ventidue toni! Già noi sette facciamo fatica a dividerci le ottave con i cinque semitoni…Sarei proprio curioso di sentirli con le mie orecchie, questi 22 shr.. shru..come diavolo si chiamano?!? -- Sentenziò con fare altezzoso Solaris, aggiustandosi la veste bianca e gettando un’occhiata di sufficienza ai cinque semitoni, increduli e stupiti dell’esistenza di altri dieci loro colleghi indiani.

-- Chissà se vestono in nero anche loro -- si interrogò pensoso il maggiore dei diesis.

-- Ma lasciate che ci presentiamo -- disse con fare conciliante la più anziana delle Vocali: io mi chiamo U, come potete notare sono bassa e ho una voce cupa e profonda. La mia pelle è scura e le vibrazioni delle mie corde vocali raggiungono la base della colonna vertebrale. In effetti sono il sostegno di tutto il corpo umano, non per niente la parola “uomo” comincia con me. Di solito vengo nominata per ultima, ma in realtà sono la prima di tutte le vocali.

-- Io invece mi chiamo O -- continuò una vocale piuttosto grassoccia e tonda, con un bel sorriso solare stampato su un viso allegro. -- A volte mi confondono con la U, a cui assomiglio un po’: posso passare da una voce chiusa (come quando si pronuncia la parola “oltre”) ad una aperta (vedi la parola “oro”). Sono io la responsabile dello stupore dei bambini…e come loro sono una vocale gioiosa: me ne sto nella pancia delle persone, dove nascono le risate più grasse.

-- Il mio nome è A -- spiegò una cordiale e aperta vocale, dalla pelle chiara e delicata -- In ordine alfabetico sarei la prima di tutte, ma da un punto di vista vibratorio e armonico sto in mezzo. Sono il punto di equilibrio di ogni essere, sono la vocale del cuore, dell’Amore e dell’Amicizia, dell’Altruismo e dell’Armonia.

-- Eccomi qua, io sono la E: anch’io posso essere aperta o chiusa, a seconda di come vengo pronunciata. Sono specializzata nell’aggiungere sempre qualcosa in più, e se poi mi metto questo cappellino, che chiamo accento, divento molto affermativa e perentoria. Eee, che altro dire?…

-- …E per finire vengo io, la I: sono la più alta di tutte, ho una voce molto acuta e indosso anch’io un cappellino, fatto a punta, che porto sempre con me. Lo tolgo solo quando divento maiuscola. Dicono che sono molto precisa e pignola, e che voglio sempre puntualizzare ogni cosa.

-- A differenza delle altre lettere dell’alfabeto -- precisò la U con un certo orgoglio -- il nostro suono può essere sostenuto a lungo: questo ci rende molto utili per cantare. Quando volete, potremmo metterci assieme e intonare qualche melodia. Sono sicura che ne verrebbero fuori delle cose molto interessanti…

Le note si guardarono un po’ con fare indeciso e complice e alla fine, per voce di Regina, acconsentirono con piacere e curiosità all’invito delle Vocali. Si disposero ordinatamente in cerchio e si collocarono in un punto riparato del bosco, sotto i folti rami di una possente quercia millenaria, che amorevolmente li raccolse in un abbraccio protettivo. Quindi, guidate e dirette con fare solenne e ispirato da Dominus, diedero inizio ad una libera improvvisazione corale: affiancate e sostenute dalle note, le cinque vocali si produssero in vocalizzi così intensi e armoniosi, che tutta la vegetazione del Bosco fu scossa da una crescente onda di emozione e godimento: le foglie degli alberi fremevano producendo un melodioso fruscio che fungeva da dolce sottofondo alle sorprendenti evoluzioni canore; i mille variopinti fiori si schiudevano palpitanti, protendendosi verso le vibrazioni sonore che il coro emetteva, in un alternarsi di armonie, arpeggi e frasi melodiche di rara bellezza e poesia. Tutte le piante e la vegetazione intorno assistevano stupite ed estasiate a siffatto concerto: mai il Bosco Incantato era stato così colmo di suoni e musica. Il merito, ancora una volta, era del Folletto del Bosco che, sdraiato sul ramo più alto dell’antica quercia, si gustava beato lo spettacolo, pensando già a cos’altro sarebbe successo di lì a poco, quando le note e le vocali avrebbero incontrato i Percussionisti del Bosco Incantato…




III - I PERCUSSIONISTI DEL BOSCO INCANTATO

Al riparo da occhi indiscreti, in un ombroso anfratto del Bosco Incantato conosciuto come la Radura dei Tamburi di Latta, in compagnia di imponenti tamburi di ogni forma e grandezza, un gruppetto di visitatori se ne stava raccolto, in paziente e curiosa attesa della quotidiana cerimonia che i Percussionisti del Bosco erano soliti svolgere con solerte precisione e tempismo, sin da quando era stato istituito tale fantastico rito. Le Note e le Vocali, reduci dall’esperienza vissuta assieme, presero anch’esse posto e si prepararono ad assistere all’imminente evento.

-- Prima di dar inizio alla rappresentazione -- si espresse con voce forte e sicura il Maestro del Ritmo -- voglio ricordare a tutti voi, avventurosi e fortunati visitatori, l’importanza e la funzione del ritmo nella vita di ogni essere umano.

A queste suggestive parole l’attenzione del pubblico si fece ancor più intensa: non si sentiva volare una mosca, e anche i daini, che pure conoscevano quella storia benissimo, si immobilizzarono e restarono in religioso silenzio.

-- Tutta la vita è regolata dal ritmo: l’alternarsi del giorno e della notte, così come delle stagioni, il corso degli astri e dei pianeti… Ogni cosa è regolata con un preciso ritmo ciclico. Noi tutti -- continuò con rinnovata enfasi il Maestro -- abbiamo il ritmo dentro ogni cellula dell’organismo, ancor prima di vedere la luce del sole con la nascita. Le pulsazioni del cuore sono il nostro metronomo naturale, e dalla loro corretta frequenza dipendono il nostro stato di salute, il nostro umore e la vitalità. Il battito del cuore della madre, che segue un ritmo ternario come molte ninna nanne, riesce a tranquillizzare e calmare il bambino quando è nervoso…

Il silenzio intorno si era fatto quasi irreale: persino le formiche, intente come sempre a trasportare instancabili il loro prezioso carico, interruppero il lavoro, approfittandone per concedersi una meritata pausa di riposo, sotto lo sguardo ironico delle cicale, dall’alto delle loro comode e ondeggianti amache di seta.

-- Ogni persona -- disse il Maestro dopo uno studiato intervallo e con un tono di voce volutamente carismatico e quasi sussurrato -- ha un proprio ritmo individuale, unico: quando questo ritmo si altera, a causa di un’emozione o di un problema fisico o psicologico, nascono i disagi e stiamo male. Bisognerebbe sempre essere nel proprio ritmo naturale, per fare qualsiasi attività con minor sforzo e maggior efficacia. Io adesso vi sto parlando -- e lo faccio tutti i santi giorni -- ma siccome conosco bene i segreti del ritmo, mando fuori il fiato seguendo il mio ritmo personale: in questo modo non mi affatico. Ogni tanto, poi, spezzo il ritmo, con pause a tempo, oppure lo accelero o rallento, ma sempre sulla base fissa della mia frequenza naturale. Anche nella vita siamo soliti spezzare il ritmo ogni tanto, andando per esempio in ferie o cambiando alcune abitudini. Ciò contribuisce ad eliminare la monotonia, che a lungo andare annoia. Tutti gli oratori professionisti usano queste tecniche (gliele ho insegnate io), e se anche i professori a scuola le conoscessero, farebbero molta meno fatica a mantenere l’attenzione e il silenzio dagli allievi…

-- Con il ritmo di un tamburo -- continuò spedito -- si può modificare la frequenza delle pulsazioni del cuore di chi ascolta, e riportarlo alla corretta velocità: in questo modo si riescono a curare molte malattie o problemi fisici e mentali.

-- Ma questa è musicoterapia!?! -- chiese incuriosito uno dei visitatori.

-- Certamente: il ritmo è uno degli elementi fondamentali di qualsiasi tipo di musica e di terapia. Senza di esso non si può neanche parlare di musica. Con il ritmo si possono poi superare alcuni problemi comuni come la balbuzie, migliorare l’attenzione, la concentrazione e la memoria, nonché agire direttamente sulla struttura ossea e muscolare.

A questo punto la platea, rapita e affascinata da quello che stava sentendo, pendeva letteralmente dalle labbra del Maestro.

-- Ora che ne sapete un po’ di più sul ritmo -- concluse il Maestro dei Percussionisti -- prima di dar luogo alla cerimonia, faremo un riscaldamento tutti assieme, per prepararci adeguatamente con la mente e con il corpo. Per l’occasione vi presento i miei collaboratori: vi guideranno in un gioco molto divertente e utile.

Ad un segnale prestabilito, quattro esperti collaboratori si affiancarono al Maestro del Ritmo.

-- Buongiorno, io sono TA, il numero 1: la mia pulsazione è unica, assomiglia allo scorrere dei secondi. Il mio suono nasce in bocca, dall’incontro della lingua con i denti. Provate con me a battere le mani e a pronunciare il mio nome. E’ facile, basta stare attenti a battere e pronunciare il suono contemporaneamente, facendo ondeggiare leggermente tutto il corpo. Pronti, via!

-- TA, TA, TA, TA…..

-- Benissimo, bravi! Avete visto che non è difficile.

-- Io mi chiamo TA KA, sono il numero 2, il doppio del collega che mi ha preceduto: le vibrazioni del mio nome scendono dalla bocca alla gola. Al suono TA dovete battere le mani, al KA allargarle. Proviamo!

-- TA KA, TA KA,TA KA, TA KA…

-- Perfetto! Ora proseguiamo.

-- Il mio nome è TA KI TA, sono il numero 3, e con il suono del mio nome raggiungo la zona dei polmoni: con me dovete dividere l’unità in tre, è un po’ più difficile ma sono sicuro che ce la farete a pronunciare il suono tra i due movimenti delle mani che battono e si allargano.

-- TA KI TA, TA KI TA, TA KI TA, TA KI TA…

-- Non c’è male –i ncoraggiò il Maestro, anche se non tutti erano riusciti a coordinare perfettamente i movimenti delle mani con la pronuncia della parola.

-- E per finire vengo io, ho il nome più lungo di tutti, TA KA DI MI, e rappresento il numero 4: pronunciandomi viene coinvolto tutto il corpo. La prima metà del mio nome è accompagnata dal battito delle mani, la seconda dal loro allargarsi. E’ facile, proviamo!

-- TAKADIMI, TAKADIMI, TAKADIMI, TAKADIMI…

-- Complimenti! Siete stati bravissimi! Ora dobbiamo aumentare la velocità, raddoppiando il ritmo.

-- Con la pratica del TAKADIMI potrete migliorare enormemente le vostre competenze ritmiche e riuscire poi a suonare bene tutti questi tamburi che vedete qui. Anche i vostri difetti di pronuncia verranno corretti, acquisirete un fisico vigoroso e scattante, e la vostra intelligenza diventerà brillante e pronta. Tutti gli abitanti del Bosco Incantato si esercitano con il TAKADIMI e volentieri lo insegnano a chiunque voglia impararlo.

-- Viva il TAKADIMI!!! -- gridarono entusiasti i visitatori in coro, felici e contenti per l’esperienza vissuta con il Maestro del Ritmo e i suoi collaboratori.

-- Ora -- invitò il Maestro riportando ordine fra i visitatori in fermento -- daremo inizio alla cerimonia con i tamburi. Potremo suonare, gridare e ballare: sarà bellissimo e poi ci sentiremo tutti molto meglio.

E così, guidati dalle stupefacenti magie ritmiche dei Percussionisti del Bosco Incantato, al suono potente e vigoroso delle pelli di mille e mille tamburi, i visitatori, primi fra tutti le Note e le Vocali, si produssero in mirabolanti danze e balli, per ore e ore, fino al calare del sole, a detta di tutti il più bel tramonto che mai si fosse visto prima di allora…




IV - I GRANDI GIOCHI DEL BOSCO INCANTATO

In prossimità dell’inaugurazione degli annuali Giochi del Bosco Incantato, la solenne manifestazione popolare che da sempre si svolgeva in onore del Suono e della Musica, il Folletto si dava da fare per raccogliere adesioni e compilare il programma dei Giochi. Di lì a poco migliaia di persone si sarebbero riversate in tutto il Bosco per assistere alle sorprendenti esecuzioni di musicisti, cantanti, poeti e giocolieri provenienti da ogni parte del globo. La fama dei Giochi, ormai, non conosceva confini e chiunque avesse del talento artistico era ben felice e onorato di parteciparvi per far conoscere la propria arte e contribuire al prestigio del Bosco. Ogni iscritto aveva a disposizione uno spazio personale per cimentarsi con nuove e sorprendenti esecuzioni pubbliche, dando sfogo alla propria creatività e fantasia. L’unica regola prevista richiedeva che tutto fosse realizzato attraverso il suono e la musica e rigorosamente lasciato alla libera improvvisazione del momento. I Giochi duravano una settimana intera, inframmezzati da feste, pranzi e cene con balli e danze, dall’alba fino a notte inoltrata, in un crescendo vorticoso che culminava con la premiazione del “gioco” più originale: all’inventore veniva consegnata una targa dorata col titolo onorifico di “Grande Gioco del Bosco Incantato”, nonché una consistente somma in denaro, per consuetudine parzialmente devoluta al fondo sociale per la crescita del Bosco.


Al suono possente di uno speciale gong realizzato da antichi e anonimi alchimisti ormai scomparsi, con un discorso solenne pronunciato non senza una certa emozione dal Maestro dei Giochi, fu data ufficialmente apertura ai Grandi Giochi del Bosco Incantato. Il numero iniziale fu affidato al flauto in bambù di un suonatore giunto da molto lontano appositamente per l’occasione. Era un uomo di una certa età, ma con una vitalità che traspariva da uno sguardo profondo e magnetico. Aveva la pelle scura, bruciata dal sole e indossava un’elegante tunica bianca che lasciava intuire un corpo asciutto e longilineo. Si sedette sul tappeto appositamente disteso per lui e, con movimenti lenti ma sicuri, estrasse il suo strumento da una custodia di stoffa grezza: rivolgendosi alla folla che si era sistemata tutt’intorno per ascoltarlo, con voce delicata e gentile introdusse la sua esibizione:

-- Sono onorato di poter suonare per voi e per il Bosco Incantato: la fama di questo stupendo luogo è giunta sin nel mio Paese, e ho dovuto viaggiare a lungo giorno e notte per essere qui oggi. Il flauto che ho con me mi è stato donato dal mio maestro, purtroppo scomparso, al quale va il mio pensiero: a lui ho promesso di diffondere in tutto il mondo l’arte che mi ha trasmesso con tanta saggezza e dedizione. Vedo che siete tutti molto accaldati e sudate copiosamente, ma posso assicurarvi che con la mia musica la temperatura del vostro corpo si abbasserà e vi sentirete benissimo.

Ciò detto, appoggiò le labbra al flauto e cominciò a suonare. Le note sgorgavano fluide e armoniose dal suo fiato, che sembrava uscire senza alcuno sforzo. Già alle prime note qualcosa cambiò intorno: era come se un vento fresco si diffondesse recando sollievo a chi ascoltava, tanto che in breve nessuno più sentì il bisogno di sventolarsi. La musica cresceva via via di intensità e bellezza, catturando l’attenzione degli ascoltatori e trasportandoli in uno stato di estasi e beatitudine mai provata prima.

Quando, dopo un tempo indefinito, ebbe concluso la sua improvvisazione, passato un momento di silenzio in cui ancora echeggiava nell’aria ormai fresca la musica, un applauso scrosciante sottolineò il grande apprezzamento del pubblico. Con estrema umiltà il flautista fece un inchino e si allontanò, seguito da una folla di curiosi che volevano conoscere il segreto della sua magica musica, in grado di produrre tali sorprendenti effetti sulla mente e sul corpo.

-- Non c’è nessun segreto, in realtà, né si tratta di magia: la musica è basata sulla matematica, e con dei semplici calcoli si può sapere in anticipo l’effetto che produrrà in chi ascolta.

Con queste parole il suonatore di flauto si congedò, riprendendo il suo lungo cammino del ritorno. Man mano che si allontanava, con passo elegante e risoluto, il caldo soffocante e opprimente che la sua musica aveva fatto sparire, ricominciò lentamente ma inesorabile il suo corso…

-- Invito ora -- annunciò con enfasi il Maestro dei Giochi, asciugandosi il sudore che riprendeva a imperlargli la fronte -- il prossimo artista in gara: si tratta di un eccelso poeta e giocoliere delle parole, che vorrà deliziarci e stupirci con qualche sua nuova invenzione, degna della fama che lo accompagna da molti anni.

Un piccolo omino, dalla pelle bianca e quasi vellutata, con degli spessi occhiali tondi che incorniciavano un viso glabro, si presentò, con un pacco di fogli stropicciati sotto braccio. Con fare un po’ impacciato, dopo aver cercato fra le sue carte, estrasse una pergamena antica, su cui non era ancora stato scritto nulla.

-- Gentile pubblico, in vostro onore voglio mettere a disposizione la mia maestria nell’usare le parole, componendo qui al momento, di fronte ai vostri occhi, una particolare poesia. Si tratta di una palindrome: ha la caratteristica di poter essere letta indifferentemente in tutti e due i sensi di scrittura. Lascio a voi la scelta del tema, prego…

Un vocio confuso si levò dalla folla dei presenti, incuriositi da quella sorprendente forma letteraria, che aveva del magico.

-- Visto il contesto in cui ci troviamo -- suggerì alla fine il Maestro dei Giochi -- quale miglior titolo de “Il bosco incantato”?

Annuendo con il capo, già concentrato e in cerca dell’ispirazione, il poeta alzò gli occhi al cielo, socchiudendoli: sollevando con movimenti ritmici la mano, cominciò a scrivere i versi, sempre più rapidamente, come se una voce misteriosa gli suggerisse le parole da usare. In pochi minuti completò la sua opera e, con un certo orgoglio e una visibile soddisfazione consegnò la pergamena al Maestro dei Giochi, affinché ne prendesse visione e la leggesse al pubblico.

Sul volto del conduttore dei Giochi, man mano che il suo sguardo scorreva il manoscritto, apparvero i segni del suo stupore e della sua ammirazione per l’ingegno del poeta, a cui rivolse uno sguardo colmo di stima prima di iniziare a declamare i versi palindromici:


BOSCO INCANTATO


Bosco incantato

risuona festoso

e dà sollievo

intorno

senti musica

meravigliosa

di strumenti naturali

se stai silenzioso

naturali strumenti di

meravigliosa

musica senti

intorno

sollievo dà e

festoso risuona

incantato bosco


Il foglio fu fatto quindi circolare fra le mani del pubblico, che con curiosità e sorpresa constatava come la poesia si potesse effettivamente leggere in tutti e due i sensi.

Accadde però che un tipo tarchiato, con la pelle rovinata e una voce grossa e rauca, si levò dalla folla e alzando le braccia per farsi vedere si rivolse al maestro dei Giochi con queste parole:

-- Un momento, signori! Chi ci assicura che non sia stato tutto già concordato prima? Sfido il poeta a produrre una nuova palindrome, ma questa volta sceglierò io il tema. Voglio proprio vedere se è così bravo!

-- Il Maestro volse lo sguardo verso il poeta che, col sorriso stampato sulle labbra e un gesto superiore di accondiscendenza, si dichiarò pronto ad affrontare la sfida e chiese il tema per la sua nuova composizione.

-- Bene -- disse con aria sicura l’incredulo spettatore -- visto e considerato che la musica è l’argomento principale nel Bosco Incantato, e il poeta qui presente gioca con i versi, lo invito a comporre una palindrome dove si parli esplicitamente di note e parole.

Non fece in tempo a finire il suo discorso che il poeta stava già dandosi da fare a scrivere su di un nuovo foglio di pergamena, che consegnò al Maestro dei Giochi nel giro di pochi minuti, affinché ne leggesse il contenuto:



PAROLE E NOTE


Invitanti parole e note

nascono oggi ancora

se nuove idee

affiorano insistenti.

Realizzarle possibile sarà

se insieme scopriremo come:

serve non domandare.

Come scopriremo insieme se

sarà possibile realizzarle?

Insistenti affiorano

idee nuove se

ancora oggi nascono

note e parole invitanti



Un meritato e scrosciante applauso commentò la bravura e originalità del poeta che, raccolte le sue carte, si congedò e si allontanò, con già in mente nuove e stupefacenti poesie da inventare.

-- Lasciamo ora spazio alla Suonatrice di Cristalli -- così il Maestro dei Giochi introdusse una leggiadra figura femminile, con lunghi e soffici capelli biondi sciolti su un viso dalla pelle liscia e profumata. Un abito di variopinti e fruscianti veli lasciava intuire delle armoniose e femminili forme. Portava con sé una valigia di pelle chiara, da cui estrasse, con gesti delicati e cerimoniosi, una serie sorprendente di bicchieri dalle mille fogge e grandezze. Li dispose elegantemente su di un tavolo intarsiato in madreperla e, senza dire niente, cominciò a versare un liquido trasparente da una brocca azzurrognola, dosandolo con perizia e precisione in ogni bicchiere. Terminata questa operazione, fissando lo sguardo in un punto imprecisato di fronte a sé, dopo essersi inumidita i polpastrelli di ambo le mani, li fece scorrere sul bordo dei bicchieri con sapienti e armoniosi movimenti circolari: una musica soave e affascinante sgorgò come dal nulla, e un’intensa essenza di rose si liberò nell’aria. Quell’armonia cristallina sembrava provenire da un altro mondo e incantò letteralmente gli spettatori, tanto dolce e squisita era la fragranza di note e profumi, mescolati assieme ad arte. L’applauso sgorgò spontaneo e i più curiosi cercavano di scoprire cosa fosse mai quel liquido che aveva prodotto un tale effetto.

-- E’ semplice e pura acqua fresca di fonte in cui stanotte ho lasciato macerare delle rose che ho raccolto nei Giardini del Bosco -- rispose innocentemente la suonatrice riponendo il suo insolito strumento. Le vibrazioni ottenute sfregando i miei calici di cristallo di Boemia hanno poi la proprietà di diffondere il profumo tutt’intorno, assieme alle note.

Dopo un breve intervallo, allietato con bevande fresche e frutta di stagione servita in coppette di vetro di Murano, il Maestro dei Giochi presentò un numero di rara bravura:

-- E’ con grande piacere che vi invito ad assistere ad un numero eccezionale, che vi sarà offerto da uno scienziato del suono che viene dalla Castalia, luogo mitico dove si svolge un torneo simile al nostro, denominato “Il Giuoco delle Perle di Vetro”. Entri il Prof. Cimaticus!

Accolto da un applauso denso di aspettative, si presentò in scena uno strano e buffo signore dall’età indefinibile, i capelli bianchi scompigliati e un pizzetto ben squadrato a incorniciare un viso lungo e spigoloso. I suoi occhi scuri, con le pupille che ogni tanto si incrociavano stranamente, sembravano emanare una luce vivida.

-- Buongiorno a tutti, abitanti del Bosco Incantato. Vi intratterrò con alcuni dei miei più recenti esperimenti di manipolazione della materia attraverso il suono e la musica.

Detto ciò iniziò a disporre delle polveri colorate, che estraeva con grande cura e precisione da piccoli contenitori di vetro, sulla superficie in pelle di un grande tamburo circolare. Quindi, dopo essersi concentrato con lunghe e profonde respirazioni, si produsse in sorprendenti e insoliti vocalizzi, con cui riusciva a sdoppiare il suono in una serie incredibile di armonici: l’effetto era meraviglioso, con un arcobaleno di note che si succedevano come per magia, producendo una melodia dolcissima e al tempo stesso misteriosa ed evocativa. Ma la cosa non si fermava qui: ad ogni modulazione della voce le polveri posate sulla pelle del tamburo prendevano a sollevarsi, a saltellare vorticando velocemente e assumendo in continuazione forme sempre differenti, in una danza caleidoscopica di rara bellezza e perfezione geometrica. Il pubblico seguiva con il fiato sospeso quel fantastico spettacolo di suoni e forme, affascinato dall’armonia profonda che infondeva.

-- Ed ora, gentile pubblico, concluderò il mio numero con un esperimento di grande rilevanza scientifica. Avrei bisogno di un bicchiere per procedere, grazie.

Senza esitare, la bionda suonatrice di cristalli estrasse dalla sua valigetta uno dei calici e lo consegnò al professore che, dopo averlo osservato e studiato per bene, analizzando con accuratezza ogni suo dettaglio, come per conoscerne la più intima essenza, lo appoggiò sul palmo della mano. Quindi, concentrando il suo bizzarro sguardo incrociato, prese ad emettere un suono che via via assunse un’altezza così intensa da costringere il pubblico a tapparsi le orecchie. Le vibrazioni del suo canto raggiunsero così una frequenza al limite della soglia di udibilità e all’improvviso, con un fragoroso colpo secco, il bicchieri si frantumò in mille pezzi, fra lo sbigottimento degli astanti, soprattutto della suonatrice di cristalli.

-- Niente paura -- rassicurò tutti il professore, indirizzandosi in modo particolare a lei con un sorriso.

-- Così come ho disgregato la materia col suono, allo stesso modo la ricomporrò, e lei potrà ancora deliziarci con la musica del suo calice. Detto fatto, allargando le sue lunghe braccia, emise una serie di vocalizzi che ricordavano gli antichi mantra indiani e come per incanto i mille frammenti di vetro si raccolsero uniformemente fino ad assumere nuovamente la forma originaria del bicchiere, con grande sorpresa e ammirazione di tutti, ma soprattutto della suonatrice di cristalli, felice di aver riposto a buon fine la sua fiducia nel bizzarro professore.

-- Tutto è nato con il suono e con il suono tutto finirà…

Queste furono le sole parole di spiegazione del professor Cimaticus che, incrociando ancora una volta il suo mobile sguardo, si congedò dalla stupefatta folla, ancora sbigottita per quanto aveva potuto vedere e sentire.

Molti altri sorprendenti “giochi” si susseguirono nei giorni seguenti, allietando ed entusiasmando i visitatori del Bosco Incantato, finché si giunse alla giornata finale, in cui sarebbe stato premiato il numero migliore. Fu proprio l’ultimo partecipante, un giovane architetto fresco di laurea, ad assicurarsi l’ambito premio.

Era da poco iniziato il tramonto, come sempre coloratissimo e sempre affascinante, e il giovane architetto, senza dare alcuna anticipazione su quello che andava a presentare, condusse gli spettatori lungo un sentiero fino ad arrivare in un punto, dove aveva appena finito di costruire una sorta di edificio dalla strana e complessa struttura architettonica. Con voce rassicurante invitò i presenti ad entrare e a visitare le varie stanze che avrebbero trovato all’interno. In composta fila, i più curiosi fecero ingresso e si apprestarono ad ispezionare i locali.

Tutte le camere, ognuna con una forma e una grandezza differente, erano senza alcun arredamento, con le pareti tinte in diversi colori e sfumature. Il visitatore era di volta in volta preso da una particolare e forte emozione, da stati d’animo e sensazioni profonde che andavano a toccare tutte le sfaccettature più sottili. Si passava così da una grande allegria alla tristezza più cupa, dal riso sfrenato al pianto dirotto, dalla paura e ansia alla tranquillità e al rilassamento totale. Una gamma ricchissima di sensazioni catturava il visitatore, senza che riuscisse a farsene una ragione, semplicemente spostandosi da una camera all’altra.

All’uscita di quella misteriosa costruzione, i visitatori si sentivano purificati e rinnovati, come se si fossero liberati di tutti i pesi e i problemi accumulati in una vita intera. Sui loro visi era scomparsa qualsiasi traccia di tensione o preoccupazione, sembravano quasi ringiovaniti e più belli. Era evidente a tutti che qualcosa di profondo era successo in loro, non erano più gli stessi. Il Maestro dei Giochi, che per primo aveva intrapreso l’ispezione dei locali, si rivolse quindi al costruttore:

-- E’ innegabile che questa casa, se così possiamo definire la sua costruzione, ha delle proprietà davvero eccezionali e uniche. C’è però da dire che, in base al regolamento, non possiamo accettarla come prova in quanto non si è fatto uso né del suono né della musica. Mi spiace molto, ingegnere…

-- Le faccio cortesemente notare -- gli rispose tranquillamente ma prontamente l’architetto -- che in ogni stanza dove siete stati era in realtà presente una vibrazione, e quindi un suono, anche se non era udibile: la diversa e particolare struttura architettonica dei locali, abbinata ad un particolare colore, è stata da me studiata per muovere ed indirizzare l’energia secondo un preciso schema, e produrre così una precisa emozione e un definito stato emotivo. Sono quindi stato rispettoso del regolamento.

La spiegazione fornita convinse pienamente la giuria che, ascoltato anche il lungo e caloroso applauso del pubblico, non solo ammise la prova ma le conferì il primo premio assoluto, con grande soddisfazione e accordo di tutti, concorrenti e spettatori.

Dall’alto del ramo più alto dell’antica quercia, dove sdraiato come sempre si era gustato beato lo spettacolo, il Folletto del Bosco Incantato approvò il verdetto e si unì idealmente all’applauso scrosciante.




V - IL SUONO DEL SILENZIO

Terminati il clamore e i festeggiamenti per l’inaugurazione dei Grandi Giochi del Bosco Incantato, il Folletto si aggirava pensoso tra la folta vegetazione ancora vibrante e colma di suoni e musica. Era un po’ stanco per la gran mole di lavoro che aveva richiesto l’organizzazione di quello storico evento, e passeggiando da solo rifletteva concentrato, per fare un po’ il punto della situazione: tutto era filato liscio, regalando ai visitatori tante e tante emozioni e un’esperienza davvero indimenticabile. Eppure, nonostante i sinceri complimenti ricevuti e l’effettivo successo della manifestazione, c’era qualcosa che non convinceva del tutto il Folletto.

Il Bosco Incantato era certamente un posto fantastico, ricco di magie sonore, di musica e armonie dolcissime ed inebrianti; le interessanti installazioni e i vari strumenti progettati avevano funzionato perfettamente, al di là di ogni più ottimistica previsione; tutto era armoniosamente predisposto per garantire sempre la presenza del suono e della musica, offrendo al visitatore un sottofondo acustico costante, che lo accompagnava amorevolmente lungo tutto il percorso.

Mancava però qualcosa, c’era un particolare che sfuggiva alla piena comprensione del Folletto, come una nota stonata da cambiare. Cosa non andava? Che altro doveva aggiungere o togliere perché il Bosco Incantato diventasse perfetto?

Immerso in questi profondi ragionamenti, giunse in prossimità dell’albero più grande e antico e lì si fermò, per trovare una soluzione: con il capo fra le mani e gli occhi chiusi cercò di fare il vuoto nella mente e meditare profondamente…


…Passarono così diverse ore, finché giunse, puntuale come sempre, la notte: i raggi argentati di una luna particolarmente brillante filtravano delicatamente attraverso i rami e le foglie della lussureggiante vegetazione; il canto di mille uccelli notturni riempiva l’aria, mescolandosi ai suoni cristallini provenienti da ogni angolo del Bosco. Il Folletto riaprì lentamente gli occhi, alzò il capo e, con suo grande stupore, si trovò di fronte ad uno spettacolo incredibile, che gli fece rizzare i capelli e trattenere il fiato: un’incantevole e vibrante sfera, che emanava dei fasci dorati di luce, si muoveva lentamente dirigendosi verso di lui. Un po’ alla volta, come se guidati da un unico direttore, tutti gli strumenti e gli animali del Bosco si ammutolirono: un silenzio irreale, che mai s’era udito prima, calò come per incanto. Meravigliato e stupefatto di fronte a tale evento, il Folletto ebbe il coraggio di rivolgersi a quella strana presenza:

-- Chi sei mai, da dove vieni, e cosa vuoi? -- chiese con voce tremante.

-- Sono il Silenzio. Vengo dal profondo dell’animo di ogni essere umano e voglio farti capire il tuo errore -- rispose senza emettere alcun suono la luce, sempre più brillante e diffusa.

-- Hai realizzato un ottimo lavoro qui nel Bosco Incantato, donandogli mille sonorità, musiche dolcissime e soavi, canti, ritmi e balli a non finire che allietano a qualsiasi ora i visitatori. Quello che però non hai saputo realizzare ancora, è il mio silenzio e la quiete assoluta dell’immobilità: solo quando avrai ottenuto questo troverai la pace e la soddisfazione che stai cercando. Se saprai andare nel profondo del tuo cuore, lì potrai trovare la musica più eccelsa che si possa udire: il Suono del Silenzio, la vibrazione più sottile che ci sia. Dovrai riuscire a trasferire questo silenzio nel Bosco Incantato: solo allora sarà completo e perfetto.

Detto ciò, la sfera di luce, con un movimento rotatorio sempre più veloce, si dissolse così come era apparsa, e nel Bosco riprese la normale vita di sempre. Il Folletto rimase per un po’ come intontito, non riuscendo a rendersi conto di quanto era avvenuto, anzi dubitando di aver sognato tutto quanto…

Comunque fossero andate le cose, aveva ottenuto ciò che cercava: quella magica ed eterea presenza dorata, che a lui era apparsa come una sfera luminosa carica di un’energia soprannaturale, in un attimo gli aveva aperto la mente e il cuore: ora sapeva cosa doveva fare. Le parole di apprezzamento per il lavoro fatto nel Bosco gli avevano fatto capire che non c’era niente di sbagliato nei suoni e nella musica che si diffondevano; bisognava passare attraverso tutto ciò per poter poi andare oltre e raggiungere la musica del silenzio, che tutto racchiude e annulla nell’immobilità assoluta della pace interiore. E ora sapeva anche dove realizzare il luogo in cui ognuno avrebbe potuto trovare questa dimensione di profonda quiete. Si ricordò di una piccola casetta abbandonata, quasi nascosta fra le lunghe fronde di verdi salici, da lui sino allora ritenuta insignificante. Camminando più velocemente raggiunse quel posto, un tempo adibito a ripostiglio per gli attrezzi, che ora gli apparve di una bellezza senza paragoni. Col cuore che gli batteva velocemente per l’emozione scostò la malferma porticina di legno ed entrò: non appena la porta si chiuse alle sue spalle, un silenzio simile a quello che aveva sperimentato poco prima scese intorno a lui, e immediatamente fu avvolto da una sensazione indescrivibile di pace e serenità. Non c’era niente in quel posto, nessuno strumento, nessun ornamento, nessuna musica e nessun suono: solo le nude e screpolate pareti di pietra grezza. Eppure, era il luogo più ricco e prezioso di tutto il Bosco Incantato, dove ognuno avrebbe potuto trovare la propria vera dimensione, fatta di silenzio e contemplazione.




VI - IL GIARDINIERE DEGLI UOMINI

In una tranquilla e tiepda giornata di settembre, con l’autunno ormai alle porte, Dominus passeggiava solitario in uno dei tanti sentieri del Bosco Incantato, quando in lontananza vide un’antica costruzione che gli ricordava vagamente una serra. Si avvicinò incuriosito e man mano che avanzava la sua impressione fu confermata: si trattava proprio di una grande serra e, seduto su di una panca con un vaso in mano, c’era un omino piuttosto anziano, con radi capelli bianchi e spalle curve, vestito con un grembiale color verde marcio. Sembrò non accorgersi della presenza della nota, tanto era immerso nel suo lavoro con i vasi e la terra.

-- Salve buon uomo! -- lo salutò Dominus dopo essersi schiarito la voce con un leggero colpo di tosse. -- Con chi ho l’onore di parlare?

Al suono della voce il vecchietto fece un sobbalzo e, guardando con un leggero sorriso la nota, come per scusarsi, interruppe il suo lavoro e rispose cordialmente.

-- Salve, forestiero, io sono il Giardiniere del Bosco Incantato: l’ho praticamente visto nascere e ogni giorno mi do da fare per curarlo e abbellirlo come meglio posso. Ormai sono molto vecchio e stanco, e credo di dover presto ritirarmi e vivere gli ultimi anni che mi restano riposandomi un po’, anche se non so immaginarmi lontano dalle mie piante, dai fiori e dai vasi, che fanno parte della mia stessa vita. Ho cominciato qui la mia attività molti anni fa, quando ancora non ne sapevo gran che di semi, di trapianti e di alberi; ma poi, un po’ alla volta, mi sono appassionato a questo mondo, a tal punto che tutti ora mi chiamano il Giardiniere degli Uomini…

--Il Giardiniere degli Uomini? -- lo interruppe stupito Dominus.

-- Proprio così! Ho scoperto, in tanti anni di attività, una sorprendente affinità fra le piante e gli esseri umani. Non c’è poi tanta differenza: come qualsiasi albero, anche l’uomo nasce da un seme, cresce, mette radici in un posto, a volte si trasferisce in un altro, fa dei frutti, che possono essere i figli o le opere della propria attività. Come le piante ha bisogno di cure, di nutrimento, di affetto e rispetto, si può ammalare; è sensibile alla luce, al suono e alla musica…Insomma, l’uomo è una pianta, la più raffinata e complessa, e come tale ha bisogno di un giardiniere che se ne prenda cura. Io mi occupo della vegetazione del Bosco ma anche dei suoi abitanti. Conosco bene tutti i problemi delle persone, le cose che fanno loro bene, che aiutano a farle crescere sane e prosperose; quello che devono evitare per non ammalarsi e perire anzitempo. Qui nella mia serra si può trovare tutto ciò di cui un uomo, come una pianta, ha bisogno.

-- Molto interessante…-- commentò assorto Dominus, guardandosi poi in giro e soffermandosi su un ripiano in legno su cui erano poggiati dodici vasi, di svariata grandezza e colore.

-- Come mai questi vasi sono vuoti? E’ strano poi che siano dodici, come i componenti della mia famiglia: io sono una nota, la prima per anzianità, e vivo assieme ad altre undici…

-- Piacere di conoscerti allora, Dominus -- lo interruppe con una calorosa stretta di mano il Giardiniere.

-- Come fai a conoscere il mio nome?

-- Sono un appassionato di musica e so molte cose su di te e la tua famiglia: siete famose e apprezzate in tutto l’Universo. Avete nomi diversi a seconda della nazionalità a cui appartenete, ma ovunque l’uomo non può fare a meno di voi. Attraverso le vostre vibrazioni riesce a combinarvi assieme e a creare delle opere d’arte fantastiche che allietano e fanno sviluppare le qualità più alte, elevando lo spirito, favorendo la fratellanza e avvicinando ogni essere umano al divino. Fate un gran bene anche alle piante e ai fiori… Era da tanto che speravo di incontrarne una di persona!

Questi vasi che vedi sono proprio il mio strumento musicale, che ho costruito per comporre e suonare la musica che fa bene alle mie piante: sono tutti intonati perfettamente, come potrai constatare. Con loro riesco a produrre delle scale musicali in grado di favorire la crescita, uccidere i parassiti, migliorare il colore, stimolare la circolazione della linfa…Ora, se vuoi, ti farò sentire alcuni esempi suonandoti i vasi: sceglierò per l’occasione una scala pentatonica, cioè con cinque note diverse: secondo i miei studi produce un forte effetto sui liquidi del corpo umano -- e sulle piante, naturalmente. Se suonata a lungo può anche far piovere!

Detto fatto produsse una dolce e delicata melodia percuotendo sapientemente alcuni dei vasi a disposizione con dei battenti. Al suono di quella musica Dominus si sentì sciogliere, come se il sangue gli scorresse meglio nelle vene. Anche la vegetazione intorno sembrò percorsa da un fremito di nuova vitalità.

-- Incredibile! -- commentò con grande ammirazione Dominus -- Tu conosci i segreti più profondi del suono e della musica…Dove hai appreso tutto ciò?

-- Come ti dicevo mi sono sempre interessato di musica, anche se non ho studiato al conservatorio. Un bel giorno è passato qui nel Bosco Incantato uno strano personaggio, proveniente dall’India: era un musicista e fisico nucleare che aveva realizzato un sistema molto valido per curare i problemi delle persone utilizzando la musica. Aveva fatto studi e sperimentazioni per anni, attingendo da antichissimi testi ormai sconosciuti e mettendo assieme nozioni di musica, fisica, medicina e matematica. Lui mi ha insegnato molte cose e ora sono in grado di applicarle sia agli uomini che alle piante. Ottengo dei risultati veramente sorprendenti: guarda quella pianta lì, fino a poco tempo fa sembrava spacciata. Coi miei vasi le ho suonato ogni giorno una particolare scala (ne conosco tantissime, più di duecento), accompagnando il suono con delle parole gentili e affettuose, e il risultato è evidente. La stessa cosa posso fare con le persone: trovo qual è la nota che meglio corrisponde al loro carattere e alla personalità, e poi su quella nota compongo una scala che riesce a riportare equilibrio e armonia, risolvendo i problemi e curando i loro acciacchi. Dopo avergli suonato la melodia con i miei vasi, li invito a riprodurla cantando con la propria voce: in questo modo le vibrazioni sonore raggiungono meglio il corpo e la mente, sciogliendo le tensioni e i blocchi interni che impediscono il corretto funzionamento del loro organismo.

-- Sono veramente incantato e ammirato, signor Giardiniere… Lei fa del suono e della musica l’uso migliore e più valido. Complimenti! Neppure io e le mie compagne eravamo a conoscenza di come potessimo essere utilizzate per il bene dell’umanità: non vedo l’ora di dirlo a Regina!

Quindi, congedatosi dal Giardiniere degli Uomini con un abbraccio, Dominus riprese il suo cammino, felice e fiero di appartenere alla famiglia delle Note.




VII - IL MUSICISTA SUPREMO

Era una fredda e buia serata d’inverno, caratterizzata da un pungente e sibilante vento che scuoteva i rami ormai spogli degli alberi del Bosco Incantato. Le note se ne stavano chiuse nella casetta che il Folletto aveva loro riservato, sedute davanti al fuoco acceso del caminetto: approfittando del maltempo, avevano deciso di riunirsi per dedicarsi un po’ alla composizione di qualche nuovo brano musicale. Fatus stava mostrando alle altre note la partitura che aveva appena finito di scrivere, sottoponendola al loro giudizio per definirne la struttura e l’arrangiamento finale. Ogni nota si dava da fare per suggerire abbellimenti, acciaccature, trilli e mordenti che la rendessero ancora più interessante e gradevole.

-- Direi che è un’ottima realizzazione -- sancì alla fine Dominus dopo aver canticchiato l’aria compiaciuto.

-- Sì, sì, è davvero originale e nuova -- gli fece eco Siderea.

-- A me ricorda vagamente qualcosa, ma è decisamente molto bella -- fece notare non senza un velo d’invidia Lactea.

-- Ora dobbiamo trovare un titolo adeguato e iscriverla nel Registro Ufficiale degli Autori, così nessuno potrà copiarla -- consigliò saggiamente Solaris, preparandosi a trascriverla nell’apposito modulo.

-- Dobbiamo chiedere al Folletto se qui nel Bosco esiste una sede del Registro -- propose Regina -- E’ bene non perdere tempo, si sa…

Mentre le note si davano un gran da fare per la stesura definitiva del brano, che all’unanimità decisero di intitolare “Tema del Bosco Incantato”, dal momento che era stata composta in quel fantastico luogo, un ovattato bussare alla porta interruppe il loro gran lavorio. Aperta la porta, Microcosmus fece accomodare il Giardiniere degli Uomini che, scusandosi per l’intrusione, togliendosi il cappello chiese timidamente dove avessero trovato lo spartito di quell’aria che aveva sentito loro cantare passando di lì poco prima.

-- E’ una composizione molto antica e poco conosciuta -- disse loro sedendosi al tavolo rotondo su cui erano indaffarate le note. -- Guardate, ho qui una copia autenticata del brano che ho trovato nel nostro Grande Archivio Generale della Musica: risale al III° secolo avanti Cristo ed è attribuita ad un certo Johannes Lennonicus, un musicista molto prolifico della cui vita avventurosa si parla in alcuni trattati. Pare sia morto in giovane età, accoltellato da un folle viandante, invidioso della sua bravura e fama. Si intitola “Bosco Norvegese”…

-- Impossibile, vi sbagliate! -- reagirono in coro le note all’unisono -- è la più recente composizione di Fatus, e si intitola “Tema del Bosco Incantato”! Vi state certamente confondendo con un'altra opera…

-- Niente affatto -- controbatté educatamente ma con sicurezza il Giardiniere.

-- Guardate qua, ho la copia autentica e registrata dello spartito originale, non possono esserci dubbi, la prima versione dell’opera è da attribuirsi inequivocabilmente a Johannes Lennonicus.

E così dicendo mostrò alle stupite note il fascicolo che teneva sottobraccio.

-- Poffarbacco! -- esclamò stupefatto Dominus dopo aver preso visione dello spartito -- Non posso crederci, è la copia esatta del brano di Fatus, fin nei minimi particolari. Com’è possibile tutto ciò? Di che magia si tratta mai?

-- Nessuna magia, credetemi -- rispose il Giardiniere con un velato sorriso sulle labbra. --Vedo che non ne sapete molto sul diritto d’autore. Ora, se volete ascoltarmi, vi chiarirò un po’ di cose in merito.

-- La preghiamo, ci dica tutto: è una cosa talmente strana che vogliamo conoscere ogni particolare -- lo esortò Regina facendosi interprete della volontà di tutte le altre note, in particolar modo di Fatus, che non riusciva a spiegarsi come avesse potuto riprodurre esattamente, senza rendersene conto, una composizione già scritta nel passato.

-- Vi giuro che non l’ho copiata, non ne conoscevo assolutamente l’esistenza. Ero sinceramente sicuro di aver composto qualcosa di originale -- si scusò mortificato Fatus per il plagio di cui si sentiva in un certo senso accusato.

Rivolgendosi amichevolmente alla Nota, il Giardiniere cominciò la sua spiegazione.

-- Non devi sentirti in colpa, Fatus, sono convinto della tua buona fede. Tu credi, come chiunque componga musica, di esserne l’autore originario e unico, ma in realtà nessuno crea nulla da sé: tutto è già stato scritto, non c’è assolutamente nulla di nuovo che possa essere composto. L’autore di un’opera, in realtà, non fa altro che attingere ad una sorta di serbatoio universale dove tutto è stato già previsto e depositato: qualsiasi composizione musicale, dalla più semplice canzonetta all’opera sinfonica, si trova scritta e registrata nel Grande Archivio Generale della Musica. Consultandolo si può risalire al primo autore, alla data della trascrizione, alle successive versioni e a tutti i dati utili per identificarla. Tenete poi presente che anche il cosiddetto autore che per primo compone una data opera, non inventa niente: si limita, grazie all’ispirazione, a ricordare e riprodurre quanto è già stato composto prima, molti e molti anni luce prima, praticamente nel momento stesso in cui è nato l’universo. Il cosmo stesso, se ascoltato attentamente, risuona costantemente con la musica che creano i pianeti e le galassie col loro movimento.

-- Ma, in definitiva -- chiese incuriosita Siderea -- ci sarà pur qualcuno che per primo ha composto una musica e può ritenersi il legittimo autore…

-- Certamente, certamente -- le rispose il Giardiniere -- Quella persona esiste, è sempre esistita e sempre ci sarà: è il Musicista Supremo, colui che è padrone di tutti i suoni e di tutta la musica che si possa immaginare…e anche di quella che nemmeno ci sogniamo possa essere udita. Lui ha composto tutte le canzoni, le sinfonie, i raga e le musiche dell’Universo intero; a lui solo andrebbero i diritti d’autore, ma l’uomo è presuntuoso e crede di potersi attribuire la paternità delle opere che dice di comporre, ma che in realtà non fa che copiare, anche se inconsapevolmente. E questo vale per tutte le opere d’arte, non solo per la musica.

-- Quindi, se ho ben capito -- continuò Dominus – anche i dipinti, le poesie e la letteratura, i balletti e le danze esistono già, da sempre…

-- Proprio così, Dominus. L’artista non inventa proprio niente, si limita a ricordare, in momenti di particolare grazia, e a riprodurre, più o meno fedelmente, quanto è già stato composto dal Divino Artista. Quanto più perfetto è il ricordo, tanto più sublime sarà l’opera.

-- Se così stanno le cose -- dichiarò convinto Fatus -- cambierò il titolo della composizione in “Ricordo del Bosco Incantato”. Mi sembra più corretto. E in futuro mi vanterò meno del mio ingegno creativo e saprò chi ringraziare per il grande dono che mi ha fatto: ora capisco meglio perché l’arte avvicina al Divino.

-- Qui nel Bosco Incantato noi tutte -- concluse Dominus guardando le compagne note -- abbiamo imparato molte cose, non solo riguardanti la musica, ma la vita stessa: soprattutto, ad essere più umili. Non dimenticheremo mai quest’incredibile esperienza vissuta con il Folletto, le Vocali, il Maestro dei Giochi, i Percussionisti, il Giardiniere degli Uomini e tutti gli altri meravigliosi personaggi che abbiamo incontrato. Porteremo sempre nel cuore il ricordo di questo stupendo luogo incantato che tutti, almeno una volta nella vita, dovrebbero visitare.


Le favole sonore sono state scritte da Riccardo Misto tra aprile e luglio 2006 a commento de “Il Bosco Incantato”, l’installazione permanente di percorsi sonoro-musicali, realizzati nel parco della Villa Giovanelli a Noventa Padovana a cura dei laboratori di Musicoterapia, Ceramica e Legno.

All’allestimento finale di tutte le installazioni e alla messa in atto del progetto complessivo hanno concorso, con il loro prezioso apporto, tutti gli altri laboratori del CEOD Villaggio Sant’Antonio: Cuoio e Telaio, Vimini, Bricolage, Carta, Mosaico, Club, Colore, Serra, Confezioni, Espressione e Movimento.

Un volume delle Favole, in copia unica, è stato rilegato a cura dei laboratori Bricolage” e “Mosaico” nel mese di settembre 2006.

Tutti i diritti d’autore sono riservati: è fatto divieto di riprodurre e diffondere il presente materiale in qualsiasi forma senza il consenso dell’autore.



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